Un commento sulla parità di genere dopo Sanremo 1023

No, non è un errore di battitura. Ho volutamente scritto 1023 invece di 2023.

Si è conclusa la settantatreesima edizione del Festival musicale più amato dagli italiani ed è il momento di tirare le somme. Tutti ne parlano: Amadeus ha fatto registrare le percentuali di share televisivo più alte dalla metà degli anni ‘90: 12.2 milioni di persone hanno visto la serata finale. Si parla degli abiti della Ferragni, delle rose prese a calci da Blanco, di un abito uguale tra cantante e prima violinista, delle canzoni che – salvo rare eccezioni – sembrano un’unica canzone lunga tre ore. Si commentano gli interventi degli ospiti, le opinioni politiche che sono state espresse da questi, i messaggi di uguaglianza, parità, elogio della diversità. È inutile negarlo: il Festival è specchio e vetrina del nostro Paese.

È per questo che, ancora una volta, mi rattrista e allo stesso tempo mi fa rabbia vedere che non è stato fatto il minimo sforzo per fare un passo avanti verso una conduzione più equa del Festival dal punto di vista della parità di genere. Non che mi aspettassi di meglio da un direttore artistico che, qualche anno fa, giustificò di aver scelto la fidanzata di Valentino Rossi come valletta di una delle serate perché «sa stare un passo indietro rispetto a un grande uomo».

Diamo un nome ai ruoli: le donne sul palco di Sanremo non sono co-conduttrici, sono vallette. Fanno parte dello sfondo, dell’allestimento del palco. Come prima cosa devono superare una difficile prova per accedere alla loro posizione, per avere l’onore di essere su quel palco: scendere la scalinata su tacchi vertiginosi scrutate scalino dopo scalino da gente che, comodamente seduta in poltrona, sghignazza al minimo tentennamento. Dopo aver letto nomi di cantanti, canzoni, parolieri e direttori d’orchestra sui cartoncini si sono guadagnate la possibilità di dire la loro, in preparati monologhi spesso molto simili tra loro, in cui esporranno quanto sia difficile la loro vita di donne. Se poi qualcuna riesce ad andare oltre la banalità, meglio spostare il monologo a orari consoni, tipo le 2 di notte.

Virginia Ciambriello, nel 2022, ha scritto un breve articolo su DataNinja per mostrare un po’ di numeri sulla presenza di uomini e donne nel Festival di Sanremo. Lo trovate qui: https://magazine.dataninja.it/2022/02/03/i-dati-raccontano-sanremo-e-un-palco-per-uomini.

Sommando direttori artistici, conduttori e co-conduttori di tutte le edizioni di Sanremo arriviamo a 186 persone. Di queste 109 sono donne, 75 uomini.

Oibò tutto bene allora! Anzi, di che ci lamentiamo, qua ci sono più donne che uomini!

Ricorda, vagamente, la situazione degli studenti e studentesse iscritti ai corsi di laurea. In arancione ci sono le donne, in blu i maschi. Se prendiamo, per esempio, “Scienze naturali, matematica e statistica”, gli uomini sono circa un terzo rispetto alle donne. Perché allora continuiamo a fare propaganda per far iscrivere più ragazze alle materie cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering, Math)? Non potremmo piuttosto fare una campagna per sensibilizzare i maschi a iscriversi alle discipline umanistiche e artistiche, che sono solo il 26%?

Fonte: Bilancio di Genere dell’Ateneo Federico II 2021

Il problema è che i dati e i grafici non ci dicono sempre tutto. Torniamo a Sanremo e andiamo a fondo. Andiamo a vedere che ruoli hanno ricoperto le 109 donne e i 75 uomini. Mentalmente aggiornate il seguente grafico con quattro cerchietti piccoli nella sezione “co-conduttrici donne”. Nella sezione “direzione artistica” ingrandite un po’ la palla verde in alto a sinistra che corrisponde ad Amadeus, tenendo presente che a palle più grosse corrispondono più edizioni e fate lo stesso con le palle di Amadeus e Gianni Morandi nella sezione “conduttori”. Se andate sul sito da cui è tratto il grafico potete trovare quali siano.

Cosa ci dice tutto questo? Che le donne ci sono, sì, ma raramente nei ruoli di potere. Passano dal palco, per una puntata e via, l’onore di una notte. Le chiamiamo co-conduttrici, perché “valletta” è un po’ vintage e fa tv in bianco e nero.

E all’Università che succede? Succede che le donne, pur essendo in maggioranza fino al conseguimento del dottorato di ricerca, quando si inizia a entrare nel mondo vero del lavoro, quando si inizia la carriera, man mano spariscono. All’ultimo scalino non ci sono quasi più. Quello che vedete si chiama grafico a forbice. Vale per tutte le facoltà, vale per tutte le città, per tutti i Paesi. In alcuni casi la forbice è più aperta, in altri meno. In alcuni le donne non ci sono proprio. In Italia, nelle materie STEM si parte già un po’ svantaggiate (44.4% di donne vs 55.6% di uomini per rimanere sui dati della Federico II), ma è poca roba e non giustifica l’andamento successivo.

Fonte: Bilancio di Genere dell’Ateneo Federico II 2021

Risolvere i problemi della disparità di genere in ambito universitario è complesso. Passi in avanti si stanno facendo, ma la strada è ancora lunga e in salita: non ci sono soluzioni facili da mettere in pratica domani.

Per Sanremo, invece, basterebbe poco. Vedremo cosa succederà nel 2024.

PS. Se vi siete chiesti chi sia stata l’unica direttrice artistica del Festival si tratta di Carla Vistarini che, però, fu affiancata da ben due uomini nel difficile compito. Non sia mai avesse avuto la maggioranza. Era il 1951.

Rappresentazione “artistica” della parità di genere sul lavoro (in foto: Antonia, Gabriele, la sottoscritta)

Superquark+: più di un sogno

Venerdì, durante la conferenza stampa in cui si annunciava l’uscita di Superquark+, per la prima volta ho realizzato che forse stava succedendo davvero: un altro sogno che si realizza.

È iniziato tutto poco più di un anno fa, con una telefonata arrivata verso le 14.30, mentre stavo iniziando a pranzare. Numero sconosciuto, fame, piatto che si raffredda… convinta che fosse un call center che voleva propormi qualche offerta, ho risposto un po’ seccata con quella fretta che ti spinge a chiudere senza neanche sentire la prima frase fino alla fine.

“Giuliana Galati? Stiamo cercando giovani divulgatori per un progetto della RAI…”

Ci sono sogni che son lì, nel cassetto, da sempre. Ma in un cassetto in alto in alto, di quelli che non ci arrivi nemmeno con la scala. Son lì conservati, sai che ce li hai, ma non pensi davvero di poterli raggiungere. Non sono fisicamente impossibili, perché in teoria non violano nessuna legge dell’Universo, ma potremmo dire che lo sono statisticamente, nella pratica.

All’improvviso la scala per raggiungere quel cassetto era lì. Dovevo solo trovare la chiave per aprirlo.

A quella telefonata è seguito un periodo lungo e agitato. I provini. L’incertezza. La presa di coscienza di quanto fossi lontana dalle loro aspettative. La caduta nel baratro, per un po’, all’idea di essere arrivata così vicina al cassetto… senza riuscire aprirlo.

In quel periodo, oltre poche amicizie con cui mi ero confidata, mi sono stati di gran supporto ed esempio due astronauti: Samantha Cristoforetti e Paolo Nespoli, anche se loro non lo sanno e non mi conoscono.
Nel suo “Diario di un’apprendista astronauta“, che avevo appena iniziato a leggere, Samantha racconta dei lunghi periodi di attesa dopo ogni step della selezione. Descrive, senza remore, i suoi fallimenti, le sue cadute e come queste siano state uno sprone per impegnarsi il doppio. Molto schiettamente Samantha afferma che non basta avere un sogno e impegnarsi per realizzarlo: in certi casi ci vuole anche una dose smisurata di fortuna. Quant’è vero!
Paolo Nespoli, invece, è la prova che in qualche caso la caparbietà può farci arrivare alla meta anche se alla partenza ci mancano un po’ di pezzi: quando decide di realizzare il suo sogno d’infanzia, diventare astronauta, ha 27 anni, non è laureato e non conosce l’inglese. E, se non erro, proverà tre volte il concorso prima di essere selezionato, quando ormai per molti era diventato “troppo vecchio” per essere scelto. Non si può realizzare un sogno senza nemmeno provarci!

Io la mia dose di fortuna l’avevo avuta. Adesso dovevo mettercela tutta per trovare quella maledettissima chiave e aprire il cassetto. Ho passato venti giorni davanti a una telecamera, riprendendomi e riguardandomi anche 5-6 ore al giorno o più. Facevo vedere i video ad amici e parenti chiedendo opinioni e consigli. Ogni volta ne ricavavo una lunga lista di punti… ma era solo l’inizio!

A fine gennaio l’avventura inizia sul serio. Mi comunicano che sono a bordo, d’ora in poi le incertezze riguarderanno più che altro l’approvazione del progetto.

Se avete visto le puntate, avrete notato che il nostro spazio è di circa 3 minuti. Che sarà mai preparare 3 minuti?
Si inizia facendo ricerche sul tema, poi si butta giù un canovaccio, che viene letto, modificato, riscritto, riletto, rimodificato e così via fino a quando non raggiunge il via libera per essere inviato a Piero… e se va bene non bisogna ricominciare da capo.
Seguono prove di registrazione a casa. Molte nel mio caso, prima di inviare il video a chi di dovere.
Ricordo ancora benissimo la mia soddisfazione quando ho inviato il primo video. Nei mesi precedenti avevo seguito un corso di dizione e di intonazione. E col docente del corso avevo studiato la dizione e l’intonazione da dare al brano. Quel canovaccio era diventato un caos di accenti e annotazioni. Gli amici avevano dato un ottimo giudizio al mio video di prova. Ero fiera dei miei progressi.
Chi di dovere vede il video e mi telefona. Rispondo pronta a ricevere complimenti e quello che sento è: “Ciao Giuliana, ho visto il video e NO. Proprio NO. Scusa se te lo dico così con franchezza, ma NON ci siamo. Assolutamente NO.” ….

Seguono altre prove a casa, in hotel, in redazione, registrazioni su registrazioni in studio… e spero che alla fine il risultato sia per lo meno decente! Se lo è, il merito è di tutte le innumerevoli persone che hanno continuato a darmi consigli e incoraggiarmi (anche coi loro “NO!”), se non lo è… la colpa è solo mia!

La verità, però, è che in questi mesi mi sono soprattutto divertita. Per molti Superquark è Piero Angela, ma nella realtà Superquark è un’orchestra fatta da innumerevoli persone: alcune le vedete nei servizi esterni, di altre potete leggere solo i nomi in coda agli episodi. Senza di loro nulla sarebbe possibile e nulla sarebbe così com’è!

Alla fine di questa esperienza posso dire senza dubbio che ciò che più porterò nel cuore e per cui sono più grata sono i momenti passati con questa squadra meravigliosa: le risate, le mangiate, le chat, gli scherzi, le reciproche bonarie prese in giro, le infinite disquisizioni sul burro, “il solito hotel” che diventa una casa, gli imprevisti, gli abbracci e la felicità che tutti noi sentivamo una volta giunti al traguardo.

E allora lasciatemi spendere qualche altra riga per ringraziare coloro con cui ho condiviso questi mesi…
Un grande grazie va a coloro che non vedete perché “nascosti” dietro computer, telecamere, scartoffie, contratti, trasferte, montaggi, social, promozione e così via: Emanuela Capo, Cristiano Leuti, Bruno Mastroianni, Manuela Palelli, Valeria Vaglio.
Grazie agli storici autori di Superquark, con cui spero di poter continuare a collaborare per imparare dalla loro esperienza: Elisabetta Bernardi, Barbara Bernardini e Barbara Gallavotti.
Un grazie speciale va a Paolo Magliocco, per tutto e in particolare per la pazienza veramente infinita che ha dimostrato di avere di fronte alla mia testardaggine nella scrittura dei pezzi e imbranataggine di fronte alla telecamera!
Grazie anche a Davide, Luca, Edwige e Ruggero (che ha raccontato la sua esperienza qui), gli altri quattro giovani divulgatori con cui abbiamo condiviso questa fortuna e … tutti i sintomi di una acute sindrome dell’impostore!

 

TEDxArendal: a great adventure!

A metà luglio, mentre tornavo a casa devastata da una cena troppo abbondante, mi arriva una mail.

Dear Giuliana,

We are wondering if you might be interested in giving a talk about your
work on our stage, TEDxArendal in September this year? Our event is on
September 8 and 9.

La mail continuava con numerosi dettagli sull’evento, che non facevano che crescere l’ansia e lo stupore. Per due notti non ho dormito e non sapevo se accettare o meno. I TED sono per me l’apice della divulgazione, ne ho visti a dozzine, e parlare a un TEDx era uno dei traguardi che, da poco più di un anno, mi ero data nella vita. Uno di quei traguardi irrealizzabili, che avrei cercato di realizzare “da grande”.

I TED talk hanno caratteristiche ben precise: durata tra i 3 e i 18 minuti, generalmente lingua inglese, fruibilità per un vasto pubblico. E anche uno scopo ben preciso: diffondere idee “worth spreading“, cioè che valga la pena diffondere, e “inspire people“, cioè essere fonte d’ispirazione.

Ero pronta già adesso? Sarei stata all’altezza? Il mio argomento era degno delle loro aspettative?

Alla fine ho accettato, ma solo perché ho pensato che certe occasioni vanno prese al volo. Ancora non sapevo esattamente a cosa andavo in contro…

PREPARE your talk • BOOK YOUR TRAVEL and tell us about it • DEADLINE slides August 25th • LAST ONLINE REHEARSALS August 30th • REHAERSE AS NEVER BEFORE and BE your talk • SLEEPLOVE your beloved ones • WE love you • YOU are going to do great at TEDxArendal • Have a safe travel • See you soon

Agosto è stato un mese delirante. A impegni lavorativi (e non) già presi precedentemente si è aggiunta la preparazione del talk. La più complicata che avessi mai affrontato.

Per fortuna gli organizzatori di TEDxArendal non mi hanno lasciato sola, ma hanno seguito passo passo la preparazione: il canovaccio del talk, le slide, le immagini… e una volta che tutto era pronto è iniziata la fase peggiore: “rehears, rehears, rehears as you never did before”. Inutile dire che dopo qualche giorno ero già stufa di ripetere. Mi svegliavo e dopo colazione ripetevo, camminavo ascoltando l’audio del talk, prima di andare a letto lo ripetevo di nuovo… La nausea!

Finalmente è suonata la sveglia alle 4.40 della mattina del 6 Settembre: rotta verso Arendal con 3 aerei, corse forsennate per non perdere le coincidenze e un’ora di auto. All’aeroporto trovo ad attendermi Tina, la mia Ambassador: ogni speaker, infatti, aveva come riferimento un volontario pronto ad accoglierci, farci sentire a nostro agio, aiutarci di fronte a qualunque problema, rispondere alle nostre richieste.

Arendal è un piccolo paesino, molto carino. La location del TEDx è un teatro moderno, enorme e bellissimo, di fronte a cui sono stati costruiti per l’occasione due dome (qui un video dall’alto). 150 volontari lavorano alla riuscita dell’evento e noi speaker siamo trattati e considerati come vip. Tre giorni passano in fretta, tra dressed rehearsal, cene con gli altri speaker, gli organizzatori e gli sponsor, pioggia quasi ininterrotta e un meraviglioso giro in barca tra i fiordi non appena il Sole ha fatto capolino.

Infine arriva il 9 sera, con la seconda e ultima sessione di talk, in cui è programmato anche il mio.

Dietro le quinte, nella green room riservata agli speaker, c’è un’atmosfera tesa ma gioiosa. Divani, frutta, cioccolata, patatine, cibo vario e bibite a disposizione (ma chi aveva fame con tutta quell’ansia??), uno psicologo pronto a rassicurarci e sostenere eventuali crisi d’ansia, truccatrici e camerini a disposizione per chi voleva concentrarsi e preferiva rimanere in isolamento. E poi, finalmente… il mio turno.

Inutile dire che al momento di entrare sul palco stavo cadendo e ho rischiato di fare un’entrata a sorpresa in scivolata. Non so come, ma sono riuscita a recuperare l’equilibrio, solo che il cuore, che già batteva all’impazzata prima, ha raddoppiato la velocità del battito, e per tutto il talk mi sentivo in trance, sopraffatta dal numero di persone che mi circondavano, dato che anche sul palco c’erano tre gradinate per lato con ulteriore pubblico. Il teatro era tutto pieno, mi hanno detto che c’erano circa 1000 spettatori. Le gambe non hanno mai smesso di tremare, mentre cercavo di muovermi con nonchalance sui tacchi.
Mentre ero su quel palco, nonostante tutta l’ansia, mi sono sentita per la prima volta “grande”. Non nel senso di brava, ma nel senso di adulta. Il sogno che volevo realizzare “da grande” era lì, sotto i miei piedi, e forse era lì perché, senza accorgermene, all’improvviso non ero più una ragazzina agli occhi degli altri e miei.

E… sono sopravvissuta!!! Finito il talk sono rientrata dietro le quinte e gente dello staff mai vista prima mi abbracciava calorosamente complimentandosi. La foto che segue non sarà quella in cui sono venuta meglio, ma è l’unico ricordo che ho della gioia immensa nel rientrare nella green room dopo il talk e unirmi a chi aveva stampato in viso l’aria rilassata di chi ormai ha finito!

…. End ….
23:30 – 01:30 Afterparty: meet the other speakers, the audience, hang out, dance, mingle, relax and enjoy!:) You’re done! You survived! Life is good.

Adesso, anche se sono passati un po’ di giorni e mi sembra sia passata una vita, non mi resta che ringraziare tutti, in ordine sparso, in varie lingue e sperando di non dimenticare nessuno…
[I really want to thank many of you, in random order, in different languages, and I hope not to forget anyone… and sorry if the post was in Italian!]

  • James, none of this would have happened if it wasn’t for you! Sometimes there are lucky and improbable coincidences in life and meeting you has been definitely one of these. Thank you also for changing the direction of my talk at the very last: it has been really challenging, but then I felt much more satisfied by it!
  • Céline, you’re a great organizer! Thanks for having followed the preparation of my talk… I’ll never forget you accepted to do a skype call at 8 am on Sunday in August!
  • Tina, the best ambassador ever! You’ve been fantastic, taking care of me like a friend, even if we had met just a couple of hours before!
  • Linda, Jenni and Marzia: you all helped me a lot improving my English grammar and my bad pronunciation… Grazie per la vostra infinita pazienza!
  • All the other speakers: you were all great and your talks were really inspiring! It has been very nice to share this adventure with you, including the anxiety before the talk and the joy after it! We all survived!
    Special greetings to some of you: Guro, that now is too young to solve the big gender problems in science research field, but with her battle for small changes is really trying to make the difference, and her fantastic parents; Sartaj, even if he didn’t show us his long hair, he impressed everyone with the combo “I’ll do a workshop on death and a talk on kamasutra!”; Miguel, with the incredible story of ThePancakeBot and the special, super tasty, TEDx pancakes; Jokke, that said he found more scary to go on the TEDx stage than jumping into the void wearing a wingsuit; the sweet Rachel; Oskar, not only a speaker but also the psychologist behind the scenes, ready to solve speakers’ panic attacks; Lene Marie for the strength she hides inside and her inspiring words; Dave, the boat trip mate; Angela, that -unfortunately for her- is not italian; Nancy that inside is younger than me, even if she was the older on stage; Håkon, that as me was “robbed” from the airport security for just extra 25ml; Svein, the best friend of the Lion King, and his wife; Anne Lise and her husband; Mozhgan; Svend; Karen; Venke; Aase Helene; Mike; and the others with whom I didn’t have chance to chat so much.
  • All the presenters, especially Yvonne, that wrote my presentation
  • Thanks to ALL the 150 volunteers, including the ones that I’ve never met, the ones that built the domes and did tons of stuff I don’t even imagine. This event was great and if Arendal has become one of the best TEDx is also because you’re a great team!
  • A special thanks goes to all the ambassadors, to the volunteers behind the scenes, to the ones I talked with or that helped me in something: I remember all of you, even if it’s hard to cite everyone.
  • Grazie a Paolo, per avermi fatto appassionare ai TED (e quindi, indirettamente, aver innescato la serie di eventi che mi ha portato fin qui) e per tutti i suggerimenti su come migliorare dal punto di vista comunicativo
  • Last, but not least, grazie agli amici e colleghi, che da ogni dove hanno tifato per me, mi hanno dato consigli, hanno seguito il mio viaggio e si sono sorbiti i miei racconti pieni di entusiasmo

 

E adesso? Dopo questa esperienza sono diventata TEDx-Addicted. Non ho ancora un nuovo obiettivo per quando sarò grande, ma so che voglio ripetere l’esperienza!

“What we can learn from neutrinos is that particle physics connects us all”

 

Ps. il video non è ancora disponibile, quando lo sarà lo linkerò anche se mi vergogno tantissimo. Promesso!

AGGIORNAMENTO 17/10/17: Ecco il tanto atteso video.. ma solo perché ve l’avevo promesso: https://www.youtube.com/watch?v=wtoDRhWD5RA.

Fatemi sapere che ne pensate!

A scuola di Media e Comunicazione con le Radio Universitarie Italiane

Si chiude oggi la Raduni Summer Media School 2017, scuola di media e comunicazione organizzata dall’associazione di operatori radiofonici universitari RadUni, ideata con lo scopo di approfondire gli aspetti più oscuri della comunicazione digitale.

Dal 28 Agosto al 1 Settembre, presso l’Università della Magna Grecia di Catanzaro, gli studenti che danno vita (e voce) alle radio universitarie italiane hanno approfondito alcuni degli aspetti più controversi del mondo dei social media e della comunicazione digitale per comprendere le pratiche della buona comunicazione e della corretta divulgazione, in un mondo sempre più connesso e governato dalle regole del mercato digitale.

Gli organizzatori mi hanno chiesto di raccontare, durante la serata di benvenuto, l’esperienza di Scientificast, primo podcast scientifico italiano.

 

Durante la prima giornata, invece, ho spiegato il lavoro del CICAP, tra metodi d’indagine su paranormale e pseudoscienze e il difficile approccio del debunking e della divulgazione in questo settore.

 

 

Il programma completo lo trovate qui.

Ringrazio ancora gli organizzatori per il duplice invito e per la calorosa accoglienza, e faccio i miei migliori auguri a tutti gli studenti simpaticissimi conosciuti. Continuate così ragazzi!

Conferenza sotto le stelle: il mistero degli antichi astronauti

Complicate astronavi e uomini (o alieni?) in tute spaziali sono raffigurati in numerosi reperti storici. È la prova che Sumeri, Egizi, Maya e altri popoli erano così evoluti da compiere viaggi spaziali? Graffiti rupestri inequivocabili sono stati trovati anche in Italia. Qual è la verità?

Venite a scoprirlo il 27 Luglio all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, con una combo da paura: una mia conferenza sul Mistero degli Antichi Astronauti, aperitivo preparato da R&G Catering e osservazione del cielo con l’Unione degli Astrofili Napoletani.

 

Attenzione: all’evento si può accedere solo su prenotazione e metà dei biglietti sono già stati venduti in appena 3 giorni!

Per iscriversi: https://goo.gl/FSmgj4
Per ulteriori informazioni consultare l’evento su Facebook o scrivere a: barbato@na.infn.it

Parco Avventura Scientifico a Scampia

Stamattina, insieme a quella potentissima squadra dei ragazzi dei PONYS (Physics & Optics Naples Young Students), sono andata nel parco di Scampia con l’intento di trasformarlo, per mezza giornata, in un “Parco avventura scientifico”. L’idea era di proporre ai bambini – ma non solo – tre percorsi tematici: Onde, Energia ed Elementi, ognuno fatto da tre tappe in cui venivano spiegati dei concetti di fisica, con l’aiuto di esperimenti costruiti con materiali semplici. Prima di iniziare un percorso venivano consegnati, oltre alla mappa del parco con le varie tappe, un quiz con tre domande e un “Passaporto scientifico”, su cui collezionare timbri per ogni tappa  completata. A questo si aggiungeva una postazione di Fisica dello Sport e una dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). L’iniziativa fa parte del progetto “Rete dei Parchi”, organizzato dall’assessorato all’ambiente del Comune di Napoli per la riqualificazione dei parchi e dei quartieri disagiati di Napoli e rientra nella manifestazione internazionale “March for Science”, che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sui temi della ricerca scientifica.

Il progetto mi era piaciuto fin da subito, ma è inutile nascondere che sono partita con innumerevoli pregiudizi. Ho svuotato la borsa, evitato di portare il portafoglio e quasi fatto testamento. Ero pronta agli attacchi da parte degli “scugnizzi” e pensavo che ai bambini non sarebbe importato molto delle nostre spiegazioni, avrebbero distrutto il possibile e rubato il resto. Alcuni episodi del genere, infatti, si erano già verificati a Piazza del Plebiscito in occasione di Futuro Remoto, una manifestazione ben più controllata. Per la prima volta, inoltre, ero stata assegnata a “Fisica dello Sport”, dove ero sicura che i palloni usati per gli esperimenti avrebbero attirato i più… “irrequieti”.

Appena si entra a Scampia il degrado colpisce come uno schiaffo improvviso. Si passa da una città “normale” a un’altra dimensione, difficile da descrivere a parole. Non ci ero mai stata e non avendo nemmeno mai visto le serie tv o i film girati qui non avevo bene idea di cosa aspettarmi. Passando vicino alle Vele lo sconforto è tanto. C’è il Sole, ma in mezzo a quei palazzi regna l’oscurità. Nella penombra, tra i panni stesi, si distinguono una miriade di scale incrociate che vanno da un palazzo all’altro intrecciandosi e dando l’immagine tangibile di una società intricata e losca. Su Wikipedia ho letto che furono realizzate nell’ottica di un «progetto abitativo di larghe vedute» dall’architetto Franz Di Salvo, del quale sono l’opera che meglio rappresenta la «poetica architettonica dell’architetto». Poetica architettonica… Poetica… Poetica?

Passo oltre nel racconto, ma la vista di quei palazzi è qualcosa che continua a riapparirmi negli occhi, lasciando dentro di me un misto di angoscia e voglia di tornarci, capire, vedere da vicino.

Il parco è a due passi dalle Vele. È grande, molto grande, e tenuto benissimo. Ci sono prati verdi, giochi per i bambini, glicini. Un’oasi di pace che col Sole appare ancora più bella.

Ci sparpagliamo alle varie postazioni e man mano iniziano ad arrivare i bambini. Talvolta una marea di bambini tutti insieme. Sorridiamo spaventati nel vedere il primo gruppo marciare verso di noi. E poi l’incontro. Il terribile incontro con dei bambini meravigliosi, pieni di curiosità ed entusiasmo. Una miriade di caratteri diversi che vengono fuori come fuochi d’artificio, più spontaneamente – o almeno questa è stata la mia impressione – che altrove, forse perché la maggior parte erano lì da soli, senza genitori che li controllassero. Bimbe timide, ragazzini con la maglia del Napoli ed enormi brillantini all’orecchio, bambine con le trecce, bambini con gli occhiali. Tutti che volevano provare e quando avevano capito un meccanismo o un concetto chiamavano gli amichetti e tentavano di spiegarlo anche a loro, come se avessero appena compreso il segreto dietro una magia. Molti ci mostravano fieri il loro Passaporto scientifico pieno di timbri: “ho completato tutti e tre i percorsi e ho sbagliato una sola domanda!”. Bambini che chiedevano il permesso prima di salire sulla pedana rotante, pezzo forte delle nostre dimostrazioni, e quando poi dovevano girare la ruota, altro pezzo forte degli esperimenti che mostravamo, lo facevano insultandola in un gergo che capivo a stento, sperando che così andasse più veloce.

Quando è arrivato il momento di sbaraccare non volevano più andar via: “ci siete anche sabato prossimo?”, hanno chiesto speranzosi. Alcuni, piccoli scienziati in erba, erano intenti a inventare nuovi esperimenti mettendo insieme le cose che avevamo spiegato loro. Prima di andar via ci hanno restituito tutti i palloni, le palline, le corde.

Sono qui a raccontare di questa giornata appena trascorsa e ho gli occhi un po’ lucidi, perché più che in ogni altra occasione i bambini incontrati oggi mi hanno emozionato, e credo di ricordare quasi tutte le loro facce e i nomi di tutti quelli a cui l’abbiamo chiesto. Se oggi abbiamo dato qualcosa a questi bambini non è niente in confronto all’entusiasmo che loro hanno dato a me: ho abbattuto un pregiudizio.

Ps. #GoPONYSGo!

FameLab 2017: Masterclass

Poco più di una settimana fa ero nel bel mezzo della Masterclass di FameLab a Perugia: un’esperienza incredibile che è andata ben oltre le mie aspettative.

Tutto era iniziato quando, incurante di essere nel ciclone chiamato “Consegna-della-tesi-di-dottorato”, ho deciso di partecipare a FameLab, un talent show in cui scienziati, ricercatori e studenti universitari si mettono in gioco con lo scopo di raccontare, in soli 3 minuti, un argomento scientifico.

Così, a Marzo, in 10 città italiane, si sono svolte le due prime manche, che hanno portato alla selezione di 20 finalisti, tra cui la sottoscritta, che si sfideranno il 12 Marzo a Roma presso l’Auditorium Parco della Musica, e per prepararsi a questo grande evento hanno partecipato a una Masterclass che si è svolta a Perugia dal 7 al 9 Aprile.

Sono partita per Perugia con un grande entusiasmo: partecipare alla Masterclass era il mio primo obiettivo e non vedevo l’ora di apprendere tecniche segrete su come migliorarmi. Lungo la strada, però, l’entusiasmo ha lasciato spazio all’ansia di conoscere i miei avversari, gli altri 19 concorrenti che avrei dovuto studiare attentamente. Così, quando giovedì sera ho iniziato a conoscerne alcuni li ho guardati in cagnesco. Sì, li ho guardati in cagnesco per 10 minuti circa: il tempo di ritrovarci seduti allo stesso tavolo a ridere e scherzare.

I tre giorni di Masterclass sono stati una tempesta di nozioni, esercizi, improvvisazione, consigli. Immersi nel sole e ospitati dal POST (Perugia Officina della Scienza e della Tecnologia), siamo diventati in poco tempo un gruppo affiatato il cui unico obiettivo era migliorare se stessi, grazie alla guida in particolar modo di Frank Burnet e Massimiliano Trevisan. Preziosissimi sono statianche i consigli di Leonardo Alfonsi, Mattia Crivellini e Irene Luzi.

Abbiamo parlato di perché e come comunicare la scienza e come costruire “ponti” tra tra gli esperti e i non esperti, ci siamo improvvisati attori e abbiamo cercato le (o la!) parole giuste per comunicare un messaggio. Le varie lezioni mi hanno aperto la mente e hanno rivoluzionato il mio modo di pensare la comunicazione. Devo ammettere che non pensavo avrei imparato così tanto, perché credevo che, nel corso degli anni, l’esperienza nelle situazioni più disparate, dalle conferenze nei pub agli eventi in piazza, e soprattutto l’attenta osservazione di comunicatori eccellenti, avessero già migliorato il mio modo di comunicare. Non sono che all’inizio invece: ho ancora tantissimo da imparare!

A suon di false presentazioni, giochi di specchi parlati, “Convergenzaa!!” e palline invisibili rosse, blu e gialle, i 19 avversari appena conosciuti si sono ben presto trasformati in 19 alleati, nuovi amici pronti a dare consigli e riceverli, compagni con cui crescere in vista di un evento che non non vivo più come una competizione uno contro l’altro, ma uno spettacolo in cui cercare di convincere la bellezza di 650 spettatori che la scienza è bella e varia.

Così, l’ultima sera, ci siamo ritrovati a cantare mano nella mano “Auld Lang Syne” , tipica canzone della tradizione scozzese in occasione di congedi, separazioni e strazianti addii, trasportati dal nostro ormai amato mentore Frank…

 

… per poi fare il nostro ingresso trionfale in Piazza IV Novembre, gremita di gente, zittendo tutti:

 

Ok, eravamo un po’ ubriachi (forse), ma… dite un po’, sembriamo mica 20 avversari?

FameLab 2017: abbiamo già vinto tutti!!

 

Sulle slide che passano di moda

Nel lontano 2009 tenevo la mia prima conferenza CICAP, in un bar in provincia di Bari.

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Adesso riguardo quelle slide esattamente come potrei guardare qualcosa di quando erano giovani i miei genitori, pensando che sia proprio roba di un’altra epoca: una versione di PowerPoint che risale a chissà quando, animazioni terrificanti, sfondo nero e scritte bianche che abbagliano anche l’ultima fila, colori a caso. Mi rimprovero da sola nel rivederle, anche severamente, poi penso che all’epoca il puntigliosissimo S., mia guida e punto di riferimento per gli affari cicappini, le aveva viste e approvate, quindi forse è proprio che in 7 anni c’è stata una evoluzione dell’estetica delle slide.

Chissà se tra altri 7 anni riguarderò le slide che sto preparando per la conferenza di domani e penserò la stessa cosa. Per ora mi preoccupa di più l’eventualità di fare battute che non fanno ridere nessuno.

Ah, se siete in centro domani, sabato 10 dicembre 2016, e non avete voglia di seguire il partner per negozi o vi siete stancati di camminare, passate alla Taverna del Maltese. Se vi sembra stia facendo una battuta… ridete, per carità! 😉

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Pronti per la Notte dei Ricercatori!

NottEuropea16web-2In 23 città italiane è già iniziata la settimana di appuntamenti con la scienza all’insegna del “Made in Science”. Il 30 settembre ci sarà l’evento clue: la Notte Europea dei Ricercatori 2016. Non volete mica perdervi questo importantissimo appuntamento, vero?

La Notte dei Ricercatori, manifestazione nata 11 anni fa e coordinata da Frascati Scienza, è il più importante appuntamento europeo di comunicazione scientifica grazie ai finanziamenti e al supporto della Comunità Europea, un evento di ampia portata che coinvolge oltre 300 città europee.

Gli eventi sono tantissimi e potete trovarli qui: http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte-europea-dei-ricercatori-2016/programma/

Intanto ve ne segnalo alcuni tra quelli nelle città che mi sono più vicine:

A Bari, mia città natale, gli eventi si tengono nel suggestivo Fortino di Sant’Antonio Abate, presso il Lungomare Imperatore Augusto, organizzati dalla mia “famiglia universitaria”.

I ricercatori dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e del Dipartimento di Fisica dell’Università di Bari vi racconteranno fisica e ricerca accompagnati dalla proiezione di immagini e filmati. Gli studenti e i docenti del Corso di Laurea in Fisica dell’Università di Bari suoneranno musica classica e moderna per immergere ancora meglio il pubblico nei diversi racconti. Li conosco, vi assicuro che sono bravissimi!

Non perdetevi dunque i tre eventi:

Gli strumenti del fisico: dalle ore 16:00 alle ore 23:30, prenotazioni qui

Misurare la natura: dalle ore 16:00 alle ore 23:30, prenotazioni qui

Raccontare la fisica sotto le stelle: dalle ore 19:00 alle ore 23:30, prenotazioni qui

A Napoli ci sarò anche io, presso la stazione metropolitana “Toledo”, dove, se vi è mai capitato di prendere la metro da lì, avrete forse visto che c’è un telescopio sotterraneo per la rivelazione dei raggi cosmici. A partire da questo rivelatore si articolerà un percorso espositivo-divulgativo dell’attività di ricerca della sezione INFN di Napoli e dei gruppi associati del Dipartimento di Fisica dell’Università di Napoli “Federico II”. Parleremo dell’esplorazione del Cosmo e vi mostreremo un mini-interferometro come quello dell’esperimento VIRGO che, in collaborazione con l’americano LIGO, ha portato alla recente scoperta delle onde gravitazionali.

Per i più coraggiosi sarà possibile cimentarsi con l’analisi dei dati raccolti all’LHC Computing grazie a una moderna workstation di analisi dati e la guida degli esperti.

Infine, se preferite il mare, vi porteremo virtualmente negli abissi mostrandovi alcuni moduli dell’esperimento KM3NeT, un rivelatore sottomarino di neutrini ancora in costruzione.

Ma non è tutto!

L’Associazione PONYS sarà presente anche fuori dalla metro e vicino alle mura aragonesi con una serie di esperimenti di fisica “da tavolo” che vi stupiranno! Tantissime le piccole iniziative che abbiamo in serbo per grandi e piccoli, per catturare la vostra attenzione, stimolare la vostra curiosità e premiare coloro che avranno voglia di mettersi in gioco con noi!

Se Napoli è un po’ lontana perché abitate in provincia, vi segnalo che a Caserta ci sarà Spettri a Corte presso il Palazzo Reale di Caserta (Corso Trieste 2 – Caserta) dalle ore 19:00 a mezzanotte. Potete prenotarvi qui: http://www.matfis.unina2.it/ricerca/nottericercatori. Andandoci scoprirete la spettroscopia come strumento di conoscenza del mondo fisico, applicata all’ambiente, ai beni culturali, allo spazio e alla società.

Per maggiori informazioni: http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte-europea-dei-ricercatori-2016   http://www.frascatiscienza.it

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(La cruda verità…)

Notte Europea dei Ricercatori 2016

Spesso pensiamo alla nostra Italia come un paese che va a rotoli, patria della pizza, sì, ma anche della corruzione, famosa all’estero per i suoi monumenti, “roba vecchia” che conosciamo in minima parte, e per il Made in Italy. Insomma, una bella serie di luoghi comuni e stereotipi, gli stessi che, quando li sentiamo da qualche straniero ci fanno un po’ arrabbiare.

Ma il nostro Paese non vive delle sole bellezze del passato: è anche proiettato nel futuro, all’avanguardia nella ricerca scientifica e tecnologica, nonostante gli scarsi finanziamenti pubblici e privati.

Dal 24 al 30 settembre si darà il via a una settimana di appuntamenti con la scienza all’insegna del “Made in Science”, che culminerà con la Notte Europea dei Ricercatori 2016.NottEuropea16web-2 Un brillante modo di far assaggiare a tutti la bellezza della scienza, la passione per la ricerca, le tecnologie e le innovazioni che da questa derivano.

In primo piano ci sarà il “processo di produzione della scienza”, uno degli aspetti più interessanti, a mio avviso, da mostrare a chi non si occupa di ricerca in prima persona, in modo da sfatare il mito che gli scienziati siano solo discendenti di Einstein, rinchiusi in laboratori coi loro camici bianchi e qualche provetta in mano.

Questa manifestazione nasce 11 anni fa, grazie ai finanziamenti e al supporto della Comunità Europea, e anche quest’anno sarà Frascati Scienza a coordinare la rete di ricercatori, università e istituti di ricerca lungo tutto lo stivale e a promuovere il più importante appuntamento europeo di comunicazione scientifica, un evento di ampia portata che coinvolge oltre 300 città europee.

In Italia il progetto vede impegnate 23 città – il doppio rispetto all’anno precedente, segno della crescita di questa bellissima manifestazione! – con oltre 200 eventi tra spettacoli, workshop e laboratori che coinvolgeranno il pubblico in prima persona.

Potrete trovare iniziative in moltissime città: Bari, Cagliari, Carbonia, Cassino, Catania, Ferrara, Firenze, Frascati, Genova, Gorga, Grottaferrata, Lecce, Milano, Modena, Monte Porzio Catone, Napoli, Palermo, Parma, Pavia, Reggio Emilia, Roma, Sassari e Trieste.

Tra i principali partner di Frascati Scienza vi sono enti di ricerca nazionali  quali ASI, CNR, ENEA, ESA-ESRIN, INAF, INFN, INGV, ISS, CINECA, GARR, ISPRA, CREA, Sardegna Ricerche, le migliori università della Penisola (Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Università degli Studi Roma Tre, Università LUMSA, Università di Cagliari, Università di Cassino, Università di Parma, Università di Sassari, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia) e la Regione Lazio.

Per maggiori informazioni:
http://www.frascatiscienza.it/pagine/notte-europea-dei-ricercatori-2016
http://www.frascatiscienza.it

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