Un commento sulla parità di genere dopo Sanremo 1023

No, non è un errore di battitura. Ho volutamente scritto 1023 invece di 2023.

Si è conclusa la settantatreesima edizione del Festival musicale più amato dagli italiani ed è il momento di tirare le somme. Tutti ne parlano: Amadeus ha fatto registrare le percentuali di share televisivo più alte dalla metà degli anni ‘90: 12.2 milioni di persone hanno visto la serata finale. Si parla degli abiti della Ferragni, delle rose prese a calci da Blanco, di un abito uguale tra cantante e prima violinista, delle canzoni che – salvo rare eccezioni – sembrano un’unica canzone lunga tre ore. Si commentano gli interventi degli ospiti, le opinioni politiche che sono state espresse da questi, i messaggi di uguaglianza, parità, elogio della diversità. È inutile negarlo: il Festival è specchio e vetrina del nostro Paese.

È per questo che, ancora una volta, mi rattrista e allo stesso tempo mi fa rabbia vedere che non è stato fatto il minimo sforzo per fare un passo avanti verso una conduzione più equa del Festival dal punto di vista della parità di genere. Non che mi aspettassi di meglio da un direttore artistico che, qualche anno fa, giustificò di aver scelto la fidanzata di Valentino Rossi come valletta di una delle serate perché «sa stare un passo indietro rispetto a un grande uomo».

Diamo un nome ai ruoli: le donne sul palco di Sanremo non sono co-conduttrici, sono vallette. Fanno parte dello sfondo, dell’allestimento del palco. Come prima cosa devono superare una difficile prova per accedere alla loro posizione, per avere l’onore di essere su quel palco: scendere la scalinata su tacchi vertiginosi scrutate scalino dopo scalino da gente che, comodamente seduta in poltrona, sghignazza al minimo tentennamento. Dopo aver letto nomi di cantanti, canzoni, parolieri e direttori d’orchestra sui cartoncini si sono guadagnate la possibilità di dire la loro, in preparati monologhi spesso molto simili tra loro, in cui esporranno quanto sia difficile la loro vita di donne. Se poi qualcuna riesce ad andare oltre la banalità, meglio spostare il monologo a orari consoni, tipo le 2 di notte.

Virginia Ciambriello, nel 2022, ha scritto un breve articolo su DataNinja per mostrare un po’ di numeri sulla presenza di uomini e donne nel Festival di Sanremo. Lo trovate qui: https://magazine.dataninja.it/2022/02/03/i-dati-raccontano-sanremo-e-un-palco-per-uomini.

Sommando direttori artistici, conduttori e co-conduttori di tutte le edizioni di Sanremo arriviamo a 186 persone. Di queste 109 sono donne, 75 uomini.

Oibò tutto bene allora! Anzi, di che ci lamentiamo, qua ci sono più donne che uomini!

Ricorda, vagamente, la situazione degli studenti e studentesse iscritti ai corsi di laurea. In arancione ci sono le donne, in blu i maschi. Se prendiamo, per esempio, “Scienze naturali, matematica e statistica”, gli uomini sono circa un terzo rispetto alle donne. Perché allora continuiamo a fare propaganda per far iscrivere più ragazze alle materie cosiddette STEM (Science, Technology, Engineering, Math)? Non potremmo piuttosto fare una campagna per sensibilizzare i maschi a iscriversi alle discipline umanistiche e artistiche, che sono solo il 26%?

Fonte: Bilancio di Genere dell’Ateneo Federico II 2021

Il problema è che i dati e i grafici non ci dicono sempre tutto. Torniamo a Sanremo e andiamo a fondo. Andiamo a vedere che ruoli hanno ricoperto le 109 donne e i 75 uomini. Mentalmente aggiornate il seguente grafico con quattro cerchietti piccoli nella sezione “co-conduttrici donne”. Nella sezione “direzione artistica” ingrandite un po’ la palla verde in alto a sinistra che corrisponde ad Amadeus, tenendo presente che a palle più grosse corrispondono più edizioni e fate lo stesso con le palle di Amadeus e Gianni Morandi nella sezione “conduttori”. Se andate sul sito da cui è tratto il grafico potete trovare quali siano.

Cosa ci dice tutto questo? Che le donne ci sono, sì, ma raramente nei ruoli di potere. Passano dal palco, per una puntata e via, l’onore di una notte. Le chiamiamo co-conduttrici, perché “valletta” è un po’ vintage e fa tv in bianco e nero.

E all’Università che succede? Succede che le donne, pur essendo in maggioranza fino al conseguimento del dottorato di ricerca, quando si inizia a entrare nel mondo vero del lavoro, quando si inizia la carriera, man mano spariscono. All’ultimo scalino non ci sono quasi più. Quello che vedete si chiama grafico a forbice. Vale per tutte le facoltà, vale per tutte le città, per tutti i Paesi. In alcuni casi la forbice è più aperta, in altri meno. In alcuni le donne non ci sono proprio. In Italia, nelle materie STEM si parte già un po’ svantaggiate (44.4% di donne vs 55.6% di uomini per rimanere sui dati della Federico II), ma è poca roba e non giustifica l’andamento successivo.

Fonte: Bilancio di Genere dell’Ateneo Federico II 2021

Risolvere i problemi della disparità di genere in ambito universitario è complesso. Passi in avanti si stanno facendo, ma la strada è ancora lunga e in salita: non ci sono soluzioni facili da mettere in pratica domani.

Per Sanremo, invece, basterebbe poco. Vedremo cosa succederà nel 2024.

PS. Se vi siete chiesti chi sia stata l’unica direttrice artistica del Festival si tratta di Carla Vistarini che, però, fu affiancata da ben due uomini nel difficile compito. Non sia mai avesse avuto la maggioranza. Era il 1951.

Rappresentazione “artistica” della parità di genere sul lavoro (in foto: Antonia, Gabriele, la sottoscritta)

1 Commento (+aggiungi il tuo?)

  1. alanbld
    Feb 14, 2023 @ 14:05:51

    Una analisi acuta e senza retorica. C’è ancora tanto da fare. Grazie delle riflessioni.

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